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Conferenza Prof. Bersanelli

La realtà immensa dell’universo nella sua semplicità e complessità ci spinge continuamente a porci domande su di noi e sul nostro destino. Ciascuno di noi è un pezzettino infinitesimo dell’universo smarrito in questa vastità, ma ciascuno di noi è allo stesso tempo, pur essendo infinitesimo, un punto in cui l’universo prende coscienza di sé. Gli studenti del liceo scientifico hanno avuto la possibilità di andare a fondo di questo tema partecipando  alla conferenza del Professor Bersanelli.

Marco Bersanelli è un astrofisico italiano, docente di Astrofisica e Meccanica all'Università degli Studi di Milano e collaboratore presso IASF, Istituto Nazionale di Astrofisica. In particolare si occupa di cosmologia osservativa e quindi dell'osservazione dell'universo primordiale attraverso lo studio del Fondo Cosmico di Microonde, ovvero la radiazione che permea tutto il “nero” dell’universo osservabile ed è considerata una  prova del modello cosmologico del Big Bang. Inoltre ha partecipato a due spedizioni scientifiche al Polo Sud e collabora con l'Agenzia Spaziale Europea. È fra i principali responsabili scientifici della missione spaziale Planck dell'ESA, lanciata nel 2009, i cui risultati (rilasciati nel 2013 e nel 2015) hanno permesso di creare una specie di mappatura di tutta la sfera celeste con immagini a microonde. Anche grazie ai contributi del Professore oggi siamo in grado di definire l'universo secondo parametri nuovi che ne hanno stravolto la nostra visione.

L’universo è in continua espansione da circa 14 miliardi di anni, momento in cui si ipotizza che quest’ultimo si trovasse ad un elevatissimo livello di energia e di estremo calore.  Secondo questo modello, inoltre, più si osserva lontano nell’universo più ciò che vediamo appartiene ad un passato remoto. Per questo il contributo scientifico del satellite James Webber è stato determinante, poiché ci ha fornito la foto più profonda, quindi più antica, dell’universo fino ad ora, raggruppando numerosissime galassie, alcune delle quali si trovano anche a 12-13 miliardi di anni luce da noi. 

Ma chi siamo allora e qual è il nostro ruolo in questo infinito universo? A questa domanda prova a rispondere il Professore che definisce l’uomo come un punto in cui l’universo diventa cosciente di se stesso. “Perché una domanda sorga in noi è indispensabile credere in modo indimostrabile che quell’oggetto esista come realtà già data, ovvero donata e creata da qualcun altro” Plank.

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Attraverso questa citazione, ci spiega, quindi, come noi siamo i testimoni di tutta la storia dell’universo e proprio come Adamo ed Eva possiamo riconoscere la totalità della nostra realtà come creato. La fede è quindi un metodo di conoscenza che rende il crocevia tra scienza e fede la sfida più interessante della nostra vita. Ad oggi infine non siamo in grado di dare risposte scientifiche certe a molte delle domande che ci tormentano, come quelle riguardanti l’esistenza di altre

forme di vita nell'universo, poiché vi sono una moltitudine di possibilità e il nostro pianeta possiede caratteristiche estremamente difficili da replicare per generare forme di vita a noi note. Non ci rimane quindi che continuare ad alzare gli occhi verso il cielo ed avere fede.

-febbraio 2024-

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