2025 "spazzino spaziale" in azione
Il tema dei rifiuti spaziali è un problema davvero molto poco conosciuto e assai sottovalutato. Sin dalla prima missione spaziale, l’uomo ha iniziato ad occupare lo spazio che circonda il nostro pianeta, sia lanciando in orbita satelliti ed oggetti tecnologici di ogni genere, necessari al progredire della ricerca scientifica, sia disperdendo materiali e residui rilasciati dalle varie fasi delle missioni succedutesi nel tempo.
Nonostante i numerosi benefici che satelliti e strumenti apportano alla vita dei terrestri, essi rappresentano al contempo una seria minaccia per la nostra stessa vita.

Come è già accaduto più volte, ‘’l’affollamento’’ che si è determinato con così tanti oggetti in orbita (spesso non più governabili dalla Terra), può determinare violente collisioni, con il rilascio di migliaia di detriti di piccole o grandi dimensioni, che rischiano a loro volta di danneggiare o persino di distruggere altri strumenti nell’orbita terrestre, creando rischiosissimi effetti a catena che possono coinvolgere, ad esempio, satelliti fondamentali, come quelli che gestiscono il volo degli aerei di linea. Come dimostrato da un recente studio dell’ESA, i detriti in circolazione sono attualmente più di 2.000 bilioni e - come previsto da alcune simulazioni su larga scala - essi sono destinati ad aumentare esponenzialmente nel tempo.
Per ridurre e arginare il rischio del rilascio di ulteriori detriti incontrollati, l’ESA è intervenuta realizzando una collaborazione con una start-up svizzera, con la quale ha firmato un contratto di 86 milioni di euro, la missione Clearspace 1 (letteralmente “spazio pulito”), che partirà dalla terra nel 2025 per iniziare l’opera di bonifica del “mare” di rifiuti che si è creato nella nostra orbita.
Questa sarà la prima missione privata di “spazzini” spaziali e si prevede che essa possa aprire un nuovo assai importante ramo commerciale nel settore dei rifiuti spaziali.
La missione partirà da un’orbita iniziale di 500 km per effettuare alcuni test che permetteranno poi di salire in altezza. A questo punto si potrà andare a caccia del primo rifiuto da catturare chiamato Vespa, un modulo adattatore rimasto incontrollato sin dal lancio del razzo Venga nel 2013, ideale per dimostrare l’efficacia del progetto.

Una volta individuati i rifiuti, la sonda dovrà inseguire il bersaglio, pareggiarne la velocità e avvicinarsi senza toccarlo fino a quando potrà essere ingabbiato grazie alle sue 4 braccia meccaniche.
Questa missione fatta dall’uomo per l’uomo è la dimostrazione che siamo in grado, se vogliamo, di agire contro l’accumulo di rifiuti sia all’interno che fuori al nostro pianeta.
Negli ultimi decenni, infatti, l’uomo è stato responsabile di moltissime crisi ambientali e climatiche, in larghissima misura evitabili, dovute all’accumulo di rifiuti in mare e sul suolo.
Questa missione quindi non vuole solo essere una delle tante spedizioni spaziali realizzate nel corso dei decenni per scopi politici o commerciali, ma, si spera, una prima “buona azione” per lo spazio, che sia di insegnamento e di incoraggiamento ad agire presto e allo stesso modo anche sulla terra.
-novembre 2022-